Ci sono personaggi che hanno fatto la storia gastronomica di Torino, e oggi noi ve ne racconteremo uno.
In realtà siamo alla seconda puntata, perché eravamo già passati a salutare e recensire Moreno Grossi, la scorsa estate, ecco la nostra prima recensione: Quo Vadis di Moreno Grossi.
Il suo nome richiama i fasti degli anni Ottanta e Novanta, quando il suo ristorante “La Smarrita” era meta non solo di dirigenti Fiat, di calciatori e della famiglia Agnelli tutta, ma anche di chiunque volesse concedersi una cena d’occasione.
Torniamo a parlare del mitico Moreno Grossi, maestro della ristorazione torinese, cuoco e imprenditore di grande livello, che ha appena cambiato nome al suo ultimo ristorante, il “Quo Vadis” di corso Raffaello 5 a Torino, trasformandolo in “Moreno Ristorante“, sottolineando così che ora ci sono lui e la sua famiglia interamente a capo del progetto.
Per anni probabilmente Moreno è stato alla ricerca di una “casa” che fosse tutta sua, visto il suo talento istrionico che – immaginiamo – ha bisogno di totale libertà di muoversi.
E così, fra la ristorazione e l’attività di catering (è indubbiamente un punto di riferimento nel settore), Moreno ha atteso il momento giusto, e finalmente ha fatto il grande passo con un ristorante che portasse interamente la sua firma, a partire dal nome.
Elegantemente arredato in chiave moderna e colorata (abat jour di design, bicchieri rossi, sedie dorate), il Ristorante Moreno mostra subito l’impronta forte del suo patron che, come sua usanza, accoglie i clienti all’ingresso, li fa accomodare al tavolo e racconta loro quel che c’è di buono da mangiare, suggerendo un percorso dove nella maggior parte dei casi si finisce per affidarsi alle mani dello chef.
È l’accoglienza di un oste, direte voi. In effetti non possiamo che confermarlo: Moreno Grossi è da sempre un personaggio lontano dagli chef superstar della televisione contemporanea, e più vicino alla figura del proprietario di un ristorante di famiglia, che ti racconta cosa ha trovato di buono al mercato e te lo prepara in modo semplice, buono, tecnicamente corretto senza che si badi eccessivamente agli orpelli della forma.
È una cucina di sostanza, quella di Moreno Grossi, oggi come un tempo, con piatti dove è facile ritrovare la sicurezza di una gita al ristorante per una serata speciale quando eravamo piccoli.
Nel menu, tutto rinnovato, si ritrovano tutti i classici ingredienti che l’hanno reso famoso, come:
Fiori di zucchine su pomodoro e lemongrass
Risotto con Champagne
Pappa al pomodoro su passata di cannellini
Fonduta con noci e tartufo bianco (servita in un gheriglio di noce)
La ciccia impuntita con pomodori verdi fritti
Una cucina facile da comprendere, che arriva dritta allo stomaco, senza tanti punti interrogativi. Perfetta per chi trova troppo frivoli o complessi i fronzoli a cui ci ha spesso abituato la cucina moderna.
In carta c’è tanta sostanza, manifestata in particolare nell’utilizzo delle carni (“la ciccia”, come la chiama lui), materia prima dove chef Moreno probabilmente dà il suo meglio.
Lo dimostrano piatti come:
Maltagliati al ragù di faraona e funghi
Filetto di bovino adulto al ginepro
Filetto di Sanato al Vin Santo e barbabietola
Michelle di Fassone, foglie di parmigiano, asparagi e pistacchi
Un conto che si attesta sugli 80-100 euro (d’altronde, stiamo parlando di una serata d’occasione, no?). Qualche cosina da migliorare sul servizio, che però è caloroso anche grazie alla sua presenza in prima persona a ogni tavolo. Per il resto, una cena da Moreno è un tuffo nei fasti di una Torino che fu, senza troppa nostalgia delle incertezze della modernità.