Godersi una cena speciale, scegliendo i piatti da un menu con proposte gourmet ricercate e non banali, senza spendere un occhio della testa?

Un’altra dritta tutta per voi, amici lettori! Siamo alla Limonaia, in via Ponzio 10, zona Pozzo Strada.

L’ambiente è del tutto particolare per un ristorante: sulla strada quasi nessuna insegna lo indica, e il locale si trova un po’ nascosto all’interno di un cortile a cui si accede da un cancello automatico.

Una volta varcata questa soglia un po’ inusuale, però, è come ritrovarsi a casa dello chef, che ti accoglie prima nel suo giardinetto (piacevolissimo durante la bella stagione) e poi nel suo salotto, arredato con cura tra tavoli in legno e sedie antiche tutte diverse una dall’altra.

Limonaia potrebbe riassumersi così: un ristorante dove la cucina d’autore ha un rapporto qualità prezzo quasi imbattibile.

Cesare Grandi, chef del ristorante, è un giovane dalle idee molto chiare.

Ha una sua linea di cucina, mai scontata, costruita intorno a sé. Ha il suo locale, che porta avanti con rigore e successo.

Ha un profilo ben definito, che lo colloca da anni tra le giovani promesse della ristorazione torinese.

Tutte caratteristiche che si leggono chiaramente in un menu che denota sicurezza: le proposte a volte non sono semplici, ma qui si viene per affidarsi allo chef, e la fiducia spesso comporta fare scelte che altrimenti non si sarebbero fatte.

Quindi, nessuna paura a ordinare piatti complessi: quando ci si mette nelle mani dello chef, il risultato è sempre soddisfacente.

Anche perché traspare un po’ ovunque la voglia di far divertire il cliente, di sorprenderlo andando oltre le sue aspettative, come si vede già dagli amuse bouche proposti, con le olive all’ascolana servite ai piedi di un bonsai o con le gustosissime tartellette alla carbonara.

L’attenzione ai particolari passa sì da questa cura dell’estetica, ma anche dai dettagli del cestino del pane, che contiene – fra le altre cose – degli irresistibili grissini con sale grosso e un biglietto che racconta l’importanza dei prodotti da forno sulle nostre tavole.

La carta vera e propria è affiancata da un menu di tapas (o “cicchetti”, se vogliamo chiamarli all’italiana), piccole proposte per iniziare una cena o per divertirsi un po’ prima della portata principale, come abbiamo fatto noi, provandole quasi tutte.

Panino al vapore
Raviolo
Anguilla
Gambero viola
Alici fritte
(buonissime, il nostro starter preferito)
Lobster burger
Uovo e tratufo
Zuppa di cavolo nero e legumi

A questo punto, si può cominciare la cena. C’è tanto pesce nel menu ma le lavorazioni sono sempre curiose e originali:

Finanziera di mare
Sangue e cacao, scampo e cuore
Ventresca di tonno, pane acido, cipolle alla brace, amarene, Campari
Rana pescatrice con aglio nero
Rombo, carciofi, melograno

Variazioni sul tema dei soliti piatti di mare, dunque, che danno risultati soddisfacenti e a volte sorprendenti.

Le proposte di terra sembrano più semplici, ma sono altrettanto gustose:

Rape e lumache
Risotto di radici e tuberi
Sintesi di una lasagna
(piatto molto goloso, così come deve essere una lasagna)
Piccione con cicoria e oliva nera (probabilmente in assoluto il piatto che ci ha convinto di più)

Se vi rimane ancora uno spazio per il dolce, sappiate che anche qui la creatività dello chef si sbizzarrisce, con creazioni come

millefoglie di pera, polline, kefir di capra e meringa alla noce (che scoppietta e frizza in bocca come le caramelle tanto di moda negli anni Ottanta)
cioccolato (dalla fava di cacao al cioccolato)
l’uovo rotto con crema gelata e fiori (che ha una presentazione alquanto scenografica, di cui non vi raccontiamo nulla per non rovinarvi la sorpresa).

Il servizio è davvero cortese e attento: il personale è disponibile a spiegare tutte le creazioni dello chef e a suggerire ai clienti le scelte migliori da fare.

Il conto è adeguato alla location, all’attenzione ai dettagli ed alla cucina e le materie prime proposte: si attesta sui 70 euro per essere più che soddisfati.

Valentina Dirindin